Spesso pensiamo che l’unico modo per convincere i bambini ad aiutarci sia di fare pressione su di loro, attraverso la punizione o il ricatto.

Noi stessi tendiamo a pensare al lavoro come a qualcosa che le persone naturalmente non vogliono fare e trasmettiamo tale visione ai nostri figli, che poi lo trasmettono ai loro figli.

I bambini, anche quelli molto piccoli, VOGLIONO AIUTARE e, se gli viene permesso, continueranno ad aiutare, volontariamente, per il resto dell’infanzia e fino all’età adulta.

Cosa dicono le ricerche?

In una ricerca, condotta più di 35 anni fa, Harriet Rheingold (1982) ha osservato che i bambini di età compresa tra 18, 24 e 30 mesi interagivano con i genitori (la madre in alcuni casi, il padre in altri) mentre i genitori facevano i lavori di casa come piegare la biancheria, spolverare, spazzare il pavimento, sparecchiare e riordinare gli oggetti sparsi in giro.

Per motivi di studio, a ciascun genitore è stato chiesto di lavorare abbastanza lentamente e di consentire al proprio figlio di aiutarlo, se lo desiderava, ma di non chiedere direttamente al bambino un supporto. Il risultato fu che tutti i bambini – 80 in tutto – aiutarono volontariamente a fare il lavoro. La maggior parte fece più della metà dei compiti svolti dai genitori.

Harriet Rheingold disse: “I bambini hanno lavorato con rapidità ed in modo energico, erano gioiosi e felici per aver portato a compimento il lavoro.”

Molti altri studi hanno confermato questo desiderio apparentemente universale dei bambini piccoli di aiutare. Una procedura comune è portare il bambino in laboratorio, consentirgli di giocare con i giocattoli in una parte della stanza e quindi creare una condizione in cui lo sperimentatore abbia bisogno di aiuto in un’altra parte della stanza.

Ad esempio, lo sperimentatore potrebbe “accidentalmente” far cadere qualcosa sul pavimento, oltre una barriera e provare a non riuscire a raggiungerlo. Il bambino, che si trova dall’altra parte della brriera, può aiutare raccogliendo l’oggetto e consegnandolo allo sperimentatore.

Il bambino aiuta senza che gli venga chiesto di farlo?

La risposta è sì, in quasi tutti i casi.

Tutto ciò che lo sperimentatore deve fare è attirare l’attenzione su ciò che sta accadendo. Anche i bambini di 14 mesi si sono resi disponibili ad aiutare lo sperimentatore. (Warneken e Tomasello, 2009). Osservano cosa la sperimentatrice sta cercando di fare, deducono ciò di cui ha bisogno e quindi, di propria iniziativa, soddisfano tale necessità.

Questo comportamento d’aiuto non viene fatto per ricevere una ricompensa.

Felix Warneken e Michael Tomasello (2008) hanno scoperto che dare una ricompensa per l’aiuto riduce l’aiuto successivo: i bambini sono intrinsecamente motivati piuttosto che estrinsecamente motivati ad aiutare, cioè aiutano perché vogliono essere utili, non perché si aspettano di ottenere qualcosa.

Gli errori più comuni dei genitori

1. Rifiutano l’aiuto, non hanno pazienza perché hanno fretta di fare le cose e credono (spesso correttamente) che l’ “aiuto” del bambino li rallenterà o il bambino non farà il lavoro nel modo giusto e loro dovranno rifarlo.

2. Se decidono di farsi aiutare, offrono una ricompensa per averlo fatto.

Nel primo caso, trasmettono il messaggio: non sei in grado di aiutarmi;

Nel secondo caso il messaggio é: le cose vengono fatte solo se in cambio posso ottenere qualcosa

Come puoi fare se vuoi che tuo figlio ti aiuti ?

  • Pensa che il lavoro da svolgere in casa non è solo il “tuo” lavoro, ciò significa che non sei l’unica persona che può farlo, ma anche che devi rinunciare a un po’ al controllo su come viene fatto. Se lo vuoi fare a modo tuo, dovrai farlo da sola.
  • Prenditi del tempo per aiutare il tuo bambino quando osservi che desidera davvero darti una mano, vedrai che alla fine diventerà bravo.
  • Evita di chiedere aiuto, di contrattare, di premiarlo o di controllarlo come fosse al microscopio, poiché tutto ciò mina la motivazione intrinseca del bambino ad aiutare. Un sorriso e un semplice “grazie” sono un’ottima cosa. Questo è ciò che tuo figlio desidera, proprio come desideri che lui faccia con te.

Tuo figlio, aiutandoti, acquisisce nuove capacità e sviluppa il suo empowerment, la sua autostima e il suo senso di appartenenza, contribuendo al benessere della famiglia. Allo stesso tempo, quando gli viene permesso di aiutare, il suo altruismo verrà nutrito e non soffocato.

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Sono Olga Pasin, psicologa perinatale, consulente sul sonno dei bambini, parent coach. Il mio lavoro è sostenere le persone e dare loro gli strumenti per vivere serenamente e in equilibrio, sia come singoli che come componenti di una famiglia. Leggi di più

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