Gestire i capricci

Se pensi ai capricci probabilmente ti vengono in mente comportamenti come:

  • Non vuole andare all’asilo
  • Non vuole mettersi le scarpe
  • Vuole altre caramelle (cioccolata, giocattoli, ecc.)
  • Non vuole spegnere la TV
  • Non mi ascolta
  • Fa sceneggiate
  • Piange senza motivo
  • Vuole le mie attenzioni di continuo e se non gliele do inizia a urlare
  • Non vuole mangiare…
  • Non vuole riordinare

Sono comportamenti che ti fanno arrabbiare perché sono difficili da gestire e possono metterti a disagio e farti sentire inadeguato e impotente. Probabilmente ti sarà capitato di rispondere alzando la voce per farti ascoltare, oppure avrai messo in castigo o punito tuo figlio.

Ti capisco, quando i bambini vengono sopraffatti dalle emozioni possono essere molto difficili da gestire. Tuttavia devi sapere che tuo figlio non sta cercando di manipolarti o di prenderti in giro.

Infatti, fino a 5 circa, anni la corteccia prefrontale – la parte del cervello in grado di controllare le proprie emozioni- non è ancora matura. Questo significa che tuo figlio non può gestire le sue reazioni allo scopo di manipolarti. I bambini sono dominati dalle emozioni, solo con il tempo sviluppano le capacità cognitive necessarie a gestirle.

Il cervello dominante di un bambino è quello emotivo. Ciò che il bambino esprime quando piange e urla, è un’esigenza che non hai colto o di cui non ti sei occupato: quelli che sembrano capricci sono sempre manifestazioni di un disagio o di un bisogno profondo che tuo figlio ha in quel momento. Quando reagisci con la rabbia peggiori le cose: l’utilizzo del tono duro, delle urla, dei divieti comunicati con rabbia e con l’imposizione non fanno che umiliare tuo figlio, lo fanno sentire inadeguato e solo.

Immagina questa situazione:

  1. Tuo figlio sta affrontando un’emozione che non capisce né sa gestire, prova a dirtelo usando il suo linguaggio, quello emotivo (ad es. piange, tura i calci, butta a terre le cose, non ascolta), usando comportamenti che attirano la tua attenzione, sta cercando di comunicarti come si sente e di cosa ha bisogno, è il suo modo di chiederti aiuto.
  2. Tu ti innervosisci, probabilmente ti senti sfidato, manipolato e rispondi cercando di porre fine al comportamento di tuo figlio, alzi la voce, gli dici che se non smette andrà in castigo.
  3. La situazione precipita, lui piange, tu ti senti in colpa ed entrambi provate una profonda frustrazione.

Ora prova a metterti nei panni del bambino: ad es. sono nervoso perché oggi la maestra mi ha sgridato più volte dopo che il mio compagno mi ha preso i giochi, sento una tensione dentro che non so descrivere e mi viene da piangere, ogni cosa mi fa piangere. La mamma però si è arrabbiata con me perché mi dice che sono lamentoso e noioso e se non la smetto mi manda in castigo.
Come potrà sentirsi tuo figlio?

Ascoltato?
Capito?
Amato?

Sarà capitato anche a te, da piccolo di essere triste, infelice, di non voler fare una determinata cosa. Non lo facevi di proposito e ogni volta che eri triste ti veniva da fare i capricci. Come ti sentivi quando ti giudicavano come capriccioso e viziato? Quando piangevi e ti dicevano che dovevi smetterla o andavi subito in camera tua o ti prendevi una sberla?

Sembra proprio che ci sia un problema di comunicazione tra grandi e piccini un po’ come se parlaste due lingue diverse.

C’è un modo per superare questo ostacolo, un punto di partenza che può davvero aiutarti ad affrontare la situazione in maniera costruttiva: chiediti perché si sta comportando in quel modo e cerca una risposta in ciò che è successo nel corso della giornata o il giorno precedente ad es.

Perché non vuole mangiare le polpette?

  • Forse è stanco, oppure è sazio!

Perché non vuole mettere le scarpe per uscire?

  • Forse il giorno prima ha litigato con un compagno della scuola materna e oggi è triste e non vorrebbe andare a scuola!

Perché non vuole andare a dormire?

  • Forse il papà lo ha sgridato perché i giochi non erano al loro posto e ora si sente umiliato e ha paura che papà non giochi più con lui!

Dietro agli atteggiamenti apparentemente incomprensibili dei bambini si nasconde la vera causa, è importante che tu ti chieda quale sia, così da rispondere adeguatamente alle richieste di tuo figlio.

Ti consiglio di leggere tutti i suggerimenti in questa sezione:  se non riesci a risolvere, puoi approfondire la situazione con un colloquio personalizzato con il mio servizio di Parent Coaching, per genitori di bambini da 0 a 6 anni.

Perché i bambini fanno i “capricci”?

Di seguito troverai alcuni motivi per cui i bambini fanno i “capricci”, può essere una valida lista da utilizzare per ricostruire le motivazioni che agitano il tuo bambino.

  1. “Ho bisogno di sentire che mi vuoi bene, perché in questo momento non ne sono sicuro”.
    Questo bisogno può dipendere da molte circostanze. È possibile che tuo figlio ti senta distratto, distante, sia mentalmente che fisicamente a causa dei tuoi mille impegni, oppure teme di non essere all’altezza del tuo amore perché gli hai detto che presto avrà un fratellino, oppure perché quando sei tornato a casa dal lavoro la prima cosa che hai fatto è stato sgridarlo perché tutti giochi erano sparsi sul pavimento.
    Tuo figlio potrebbe essere angosciato perché tu e tuo marito vi siete separati e vi sente fragili preoccupati, confusi, probabilmente si sente in colpa e teme di perdervi, ecco dunque che è urgente i bisogno di mettervi alla prova, di mettere alla prova il vostro amore per lui.
  2. “Ho bisogno che tu definisca limiti e regole chiare, coerenti ed esplicite, mi servono per orientarmi meglio e trovare così sicurezza”.
    In questo caso, con il capriccio il bambino provoca l’adulto, ha bisogno di attivare le funzioni“paterne”, benevoli ma ferme, che traccino dei confini, all’interno dei quali potersi muovere con sicurezza. Stabilire delle regole serve a proteggere, contenere, fa parte dell’amorevolezza. E il bambino lo sente.
  3. “Ho bisogno di sapere se mamma e papà sono sufficientemente forti e stabili”.
    Poche cose sono così angoscianti per tuo figlio come constatare che tu perdi il controllo quando lui si comporta male.
    Avrai sentito dire: “Non so più come fare con te, le ho provate tutte ma davvero non so che fare!”.
    L’insicurezza devastante che ne deriva, può spingere tuo figlio ad assumere lui, la parte di quello “forte”, che impone il proprio volere. Tu sei il punto di riferimento di tuo figlio, l’esempio a cui ispirarsi, sei tu che sai cos’è giusto e cos’è sbagliato, se deponi le armi perché non sai come comportarti, lui si spaventerà e si sentirà solo!
  4. “Ho bisogno di scaricare le tensioni che sento dentro di me”.
    I bambini da 0 a 6/7 anni non sono in grado di verbalizzare le loro emozioni, stanno imparando a gestirle. Il loro nervosismo può dipendere, ad esempio da:

    • Ritmi quotidiani troppo incalzanti (scuola materna, nonni, commissioni con la mamma, attività post scuola)
    • Non vanno a dormire all’ora giusta e accumulano in questo modo molta stanchezza che li rende irrequieti e capricciosi
    • Trascorrono troppo tempo senza mamma e papà, sentono la loro mancanza e spesso quando rientrano dal lavoro non dedicano il tempo e le attenzioni adeguate ai loro bambini.
      Tuo figlio desidera trascorrere del tempo di qualità in tua compagnia, vuole giocare con te, farti vedere cosa sa fare, imitarti. Aspetta tutto il giorno di fare queste cose, ma se tu, quando arrivi dal lavoro ti occupi di altro e sei distratto (preparare la cena, riordinare la casa, cellulare, fb…), è molto probabile che il tuo bambino si arrabbi e cerchi in questo modo di attirare la tua attenzione con i “capricci”.
    • Troppe sgridate o troppi NO!

Perché è importante parlare la stessa lingua dei bambini?

Due motivazioni principali:

  1. Comprendere il tuo bambino ti permette di costruire una relazione intima e un legame affettivo fondamentale per il suo sviluppo.
    Se fin dai primi mesi di vita costruisci un contatto fisico ed emotivo, cerchi di comprenderlo e lo rispetti, se rispondi quando ti chiama, lo rassicuri, incoraggi, lo sostieni, diventerai per lui una base sicura. In questo modo tuo figlio svilupperà fiducia in se stesso e negli altri. Questo gli permetterà, una volta cresciuto, di entrare in relazione in maniera sicura, rispettosa, armoniosa con le altre persone.
  2. Le persone allenate a riconoscere le proprie ed altrui emozioni gestiscono e si riprendono più velocemente da situazioni di stress.
    Comunicare a livello emotivo è per il genitore un’opportunità di insegnamento e un’esigenza educativa.
    Saper ascoltare empaticamente il bambino è il punto centrale per saper comunicare con lui.

Alcuni suggerimenti per gestire le situazioni complicate con tuo figlio

Come parlare ad un bambino arrabbiato?

Se tuo figlio sta per esplodere come un petardo puoi aiutarlo a gestire la sua rabbia.
È compito dei genitori gettare le basi per questa abilità.
Ad esempio:

  1. Invece di dire: “Smetti di gettare le cose”
    Prova a dire: “Quando lanci i giocattoli, penso che non ti piaccia giocare con loro. È quello che sta succedendo?”
    Questa tecnica di oratore/ascoltatore è progettata per aiutare a comunicare i sentimenti in modo non conflittuale.
  2. Invece di dire: “I bambini grandi non lo fanno”
    Prova a dire: “I bambini grandi e anche gli adulti a volte provano sentimenti forti, travolgenti, che fanno paura. È normale, questi sentimenti passeranno”.
    Più grande diventa tuo figlio, maggiori saranno i problemi che affronterà, più grandi i sentimenti che proverà. Dirgli che i bambini grandi non provano rabbia, frustrazione o ansia è semplicemente falso. Inoltre incoraggia i bambini ad evitare o eliminare le emozioni e impedisce loro di elaborarle in modo sano.
  3. Invece di dire: “Non essere arrabbiato”
    Prova a dire: “A volte ci si arrabbia proprio tanto. Non aver paura di piangere le lacrime servono a controllare quei sentimenti rabbiosi”.
    Un recente studio rivela che urlare quando siamo fisicamente feriti può effettivamente interrompere i messaggi di dolore inviati al cervello. Anche se tuo figlio potrebbe non soffrire di per sé, un grido da guerriero potrebbe funzionare per liberare l’energia in modo giocoso.
  4. Invece di dire:”Non osare picchiare”
    Prova a dire:”Va bene essere arrabbiati, ma non ti lascerò picchiare…. Dobbiamo essere tutti al sicuro.”
    Questo trasmette fermamente il messaggio che l’emozione è ok, ma l’azione no. Separare i due aiuterà tuo figlio a imparare a fare altrettanto

6 trucchi per non dire più: “Smettila di fare i capricci!”

  1. Considera che tuo figlio non lo fa apposta. Sente un’emozione più forte di lui, che non sa interpretare né gestire. Non lo fa per farti imbestialire. Ricordarselo, aiuta a ritrovare la nostra empatia nei suoi confronti.
  2. Non arrabbiarti, la tua rabbia ha l’effetto di stressarlo ancora di più. Piuttosto allontanati un attimo, e respira a fondo per calmarti.
  3. Abbassati al livello dei suoi occhi. Aiuta a entrare in contatto con lui, ad attivare la tua empatia nei suoi confronti.
  4. Cerca di capire cosa prova il bambino in quel momento. Quale sia il suo bisogno inespresso. Spiegaglielo a parole: spesso il bambino non sa identificare da solo le sue emozioni.
  5. Potresti chiedergli: “piangi perché … , è così ? Ti senti come se … , è questo?” Molto spesso, ho notato, lui dirà di sì, e inizierà a calmarsi.
  6. Stringilo a te, essere fisicamente in contatto con lui lo rassicura. Meglio evitare di unirsi alle sue grida e alla sua rabbia. Resta invece calmo e tranquillo in modo che l’ambiente stesso lo aiuti a placarsi.
    Investi sempre nella relazione con tuo figlio

Rituali quotidiani che aiutano il legame genitori figli

La nostra vita è spesso molto impegnata e impegnativa, stiamo fuori casa molte ore al giorno e il tempo che possiamo trascorrere con i nostri bambini è spesso meno di quello che vorremmo! Ma quel tempo deve essere felice, sereno, gioioso per tutti, grandi e piccini. Un buon legame ha delle ricadute positive sul’ adattamento scolastico, sulla crescita intellettuale e sociale dei nostri figli.

Questo “legame”, si può anche ottenere attraverso semplici comportamenti che mettono in relazione genitori e figli. Può essere alimentato attraverso il tocco, le risate, l’ascolto, la positività, la condivisione del tempo o delle esperienze e la condivisione del divertimento.

Ecco alcuni semplici rituali quotidiani che potresti mettere in pratica e che fanno bene al legame tra te e i tuoi figli:

  • Siediti sul pavimento con i tuoi figli e gioca a quello che vogliono loro (che sia la casa delle bambole, Lego, pongo, spettacolo di marionette o fare un puzzle) per almeno 30 minuti ogni giorno. Mettiti a loro disposizione, quello è il loro territorio e tu devi solo seguire il loro esempio.
  • Inizia la giornata con un sorriso. Abbraccia tuo figlio e digli “Ti amo così tanto”.
  • Dedica ai bambini 10 minuti, prima di coricarsi, perché possano parlarti di com’è stata la loro giornata, alti e bassi.
  • Ascolta musica allegra o rilassante oppure canta con loro.
  • Esci con tuo figlio almeno una volta al giorno anche per pochi minuti.
  • Cenate insieme e chiacchierate, niente TV o cellulari
  • Leggigli almeno 3 libri al giorno, mentre lui è seduto sulle tue ginocchia e vi fate le coccole.
  • Offri a tuo figlio un ruolo, un lavoro o un modo per contribuire ogni giorno (abbinando calze, scaricando la lavastoviglie, distribuendo piatti, spruzzando e pulendo un piano di lavoro).

Questo è tempo di qualità!
Se fare tutto ciò ti pesa e lo fai controvoglia tuo figlio ti sentirà lontano e il vostro rapporto ne risentirà. Chiediti cosa ti sta accadendo, di cosa avresti bisogno per stare meglio quando torni a casa e lavoraci su!

Sai che differenza c’è tra “conseguenza” e “punizione”?

Questa distinzione mi capita di farla spesso con i genitori che puniscono i figli quando non si comportano bene. Ma sapere la differenza tra punizione e conseguenza può fare davvero la differenza quando desideriamo che i nostri figli imparino nuovi comportamenti.

Una conseguenza è il risultato diretto di un’azione. L’obiettivo di una conseguenza è quello di insegnare una lezione che porti a comportamenti positivi. Incoraggia l’autoanalisi, accettando la responsabilità delle proprie azioni, la capacità di imparare dagli errori e lo sviluppo dell’autocontrollo. Le conseguenze aiutano tuo figlio ad assumersi la responsabilità dei problemi e a gestirli.

La punizione fa soffrire. L’obiettivo è infliggere dolore e pareggiare i conti. La punizione provoca risentimento e raramente insegna a un bambino ciò che vorresti imparasse. Si fonda sulla critica, il sarcasmo, la disapprovazione e il potere. La punizione insegna che la forza, l’intimidazione e la vendetta sono giuste. Insegna anche al bambino a non pensare da solo.

La punizione è dannosa per l’autostima di tuo figlio e non facilita l’attaccamento sicuro. Le punizioni corporali e verbali (urlare, minacciare, criticare, ridicolizzare, ritirare l’amore e l’attenzione) fanno male ai bambini fisicamente ed emotivamente.

La punizione insegna ai bambini a rispondere perché sono spaventati piuttosto che per il desiderio di “fare la cosa giusta”. Può sembrare che il bambino abbia capito, ma lo fa solo in presenza del “punitore” e questo non conduce all’autocontrollo o all’autodisciplina.

Conseguenze naturali e imposte

Il mondo reale opera secondo il principio delle conseguenze naturali. C’è una conseguenza diretta e logica per ogni azione ad es. se il bambino dimentica la giacca avrà freddo, non mangia e avrà fame, non dorme abbastanza sarà stanco.

A Lorenzo, 9 anni, è stato detto di far firmare a suo padre il permesso per andare in gita. Lorenzo “ha dimenticato” (ha l’abitudine di essere irresponsabile e incolpare gli altri). La maestra ha detto “Mi spiace Lorenzo, non puoi andare in gita.” , naturale conseguenza. La mamma di Lorenzo è stata empatica e rassicurante dicendo: “Che tristezza, ti sei perso la gita; Sono sicura che la prossima volta ricorderai di far firmare l’autorizzazione.” La mamma non ha dovuto imporre una conseguenza perché la conseguenza si è verificata naturalmente in ambito scolastico.

Ci sono poi delle conseguenze che devi imporre tu, quando le azioni e i comportamenti di tuo figlio sono un problema per te, per gli altri o un pericolo per il bambino stesso.

Mentre era in macchina e andava a pranzo al ristorante, Alice, 4 anni, ha avuto un crollo. Ha cominciato a dare calci al sedile del conducente, lanciando giocattoli e urlando. Questo è un comportamento inappropriato e pericoloso. I genitori hanno fatto inversione di marcia, si sono diretti a casa dei nonni e una volta arrivati hanno detto: “Ci vediamo dopo pranzo; verrai al ristorante con noi quadro sarai in grado di controllarti in macchina.”

Le loro azioni sono state più efficaci delle parole; nessuna minaccia o richiesta di un comportamento migliore. Sono rimasti calmi e hanno imposto una conseguenza ragionevole che era appropriata alla situazione.

Il messaggio deve essere: “È il tuo comportamento che non mi piace, non tu.” È importante che tuo figlio impari dall’esperienza piuttosto che sentirsi criticato, rifiutato o umiliato, tutti sentimenti che confermano la sua già scarsa autostima.

Ricordati che quando tuo figlio non “si comporta bene” c’è SEMPRE un motivo, non lo fa mai a caso. Per aiutarlo davvero a cambiare dovrai ascoltare e sue emozioni e fargli capire che sei dalla sua parte, lo comprendi e desideri che lui stia bene.

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