Essere un genitore presente e partecipe alla crescita del proprio figlio è positivo: intervenire per aiutarlo quando è in difficoltà può aumentare la fiducia del bambino, costruire un legame più stretto tra genitore e figlio e aumentare le possibilità che il bambino diventi un adulto maturo.
Tuttavia, anche lasciare che il bambino sperimenti in proprio errori e delusioni può portargli degli effetti positivi e benefici che a volte sono trascurati.
Dov’è dunque la linea che separa il genitore attivamente coinvolto dal genitore troppo coinvolto?
Cosa accade ai bambini quando i genitori non rispettano le loro fasi di crescita? Quando tendono a trattarli sempre come bambini “piccoli” anche quando non lo sono più?
Nathan Winner della University of Southern Mississippi e Bonnie Nicholson (2018) definiscono questo atteggiamento come “infantilizzazione”.
Nei bambini, l’infantilizzazione può avere conseguenze negative.
Immagina di avere una figlia piccola che ha appena imparato a legarsi le scarpe. Magari ci mette più del necessario, perché lo fa da poco tempo, tu però hai fretta di portarla fuori, quindi continuerai a legare i lacci delle sue scarpe al mattino solo per arrivare in orario alla scuola materna!
Sostituirla in questo compito, che ora è in grado di completare da sola, riduce il suo senso di autonomia anche se lo stai facendo per una ragione perfettamente legittima. Se avesse il tempo e il modo di allenarsi sarebbe anche lei in grado di farlo rapidamente! Magari inizialmente si sentirà un po’ frustrata e vorrà cambiare le scarpe ma con la pratica diventerà più brava e sarà contenta di esserci riuscita da sola.
Ora che hai immaginato questo scenario, prova a riflettere sui genitori che hanno un alto livello di narcisismo e protagonismo, che hanno quindi bisogno che i loro figli rimangano dipendenti da loro anche quando i giorni dell’infanzia sono ormai finiti.
Sono genitori che hanno bisogno di sentirsi utili nella vita dei loro figli.
Secondo Winner e Nicholson, questi genitori hanno un comportamento “amorevole e gentile” che però presenta un alto grado di “intrusività” e così facendo possono “impedire un adeguato sviluppo dell’indipendenza e dell’autonomia dei bambini“. Essi prestano assistenza e rassicurazione anche quando in realtà i bambini non ne avrebbero bisogno e ciò avrà ricadute negative sulla sicurezza dei giovani adulti: il messaggio che ricevono è che non sono abbastanza competenti e questo vissuto può dare origine ad ansia e paura.
Winner e Nicholson definiscono il “controllo psicologico genitoriale” (PPC) come una vera intrusione emotiva: i bambini sentono che saranno amati se soddisfano i desideri dei loro genitori, il che erode ulteriormente il loro senso di autonomia.
Ogni esperienza che un bambino vive è un’opportunità per imparare. Per un genitore, determinare correttamente se un’attività è appropriata per l’età è molto importante per aiutare il bambino a iniziare il naturale movimento verso l’autonomia.
Essendo eccessivamente coinvolti, corriamo il rischio di impedire ai nostri figli di essere felici dei traguardi raggiunti grazie al loro impegno, di sviluppare abilità di problem-solving per risolvere gli errorie di vedere il mondo con occhi curiosi e pieni di speranza.
Bibliografia
Winner, N. A., & Nicholson, B. C. (2018). Overparenting and narcissism in young adults: The mediating role of psychological control. Journal of Child and Family Studies. doi:10.1007/s10826-018-1176-3.
Parenting on College Students’ Well-Being. Journal of Child and Family Studies, 23 (3). Retrieved from https://www.researchgate.net/publication/257578750_Helping_or_Hovering_The_Effects_of_Helicopter_Parenting_on_College_Students%27_Well-Being